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Omelia di S.E. Mons. Gastone Simoni del 07 agosto 2019
Festa del Patrono San Donato Vescovo e martire

Fratelli e Sorelle, siamo qui riuniti per festeggiare la festa di San Donato, Vescovo e martire di Arezzo, patrono di quella città e di altre tante comunità, come questa.

Un martire e un vescovo dei primi secoli della Chiesa, della cui figura non sappiamo per la verità molte cose di lui, ma da cui traspare sempre l’immagine del vero e unico pastore; i santi pastori e i santi martiri non sono che una imitazione di Lui.

Donato ha speso tutta la sua esistenza per la fede in Cristo e per l’annuncio del vangelo in terra di Arezzo, e non solo.
Così, come tanti altri innumerevoli pastori e martiri, ha riprodotto anche lui in quel luogo in cui viveva, la storia di quella gente, nel passaggio della storia fra paganesimo e cristianesimo, di cui fu un attore fondamentale.

Ha rivissuto la storia di Gesù, ha rappresentato Gesù.

Perché quello che è essenziale per noi, attraverso i santi e le sante e le grandi figure che nella storia, seppur accidentata e molto difficile nella Chiesa, è vedere attraverso di loro proprio LUI in cui crediamo.

Gesù nostro Signore, vero pastore, cioè vera guida della nostra esistenza e dell’esistenza dell’uomo, Colui che solo ci può liberare dai lupi che insidiano la nostra esistenza, da quelli invisibili come i demoni, a quelli visibili cioè coloro influenzati dal demonio, che si sottraggono dallo Spirito di Dio e operano il male nel mondo e cercano di traviare le persone, allontanandole soprattutto da Lui, da Gesù.

Magari si tratta di grandi intellettuali.
San Paolo, in questa Prima lettera ai Corinzi ce lo dice chiaramente; nel disegno sapiente di Dio, il mondo con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio.

Potremmo dirlo anche oggi, potremmo applicare questa pagina della parola di Paolo, appartenente ai primi anni della Chiesa: nessuna contestazione sulla cultura e intelligenza e ammirazione della creatività umana, delle opere e della poesia umana, ma andando nel profondo delle cose, molto spesso vediamo che gli intelligenti, gli intellettuali e sapienti, non conoscono, o meglio non riescono a fare il passo verso Colui che è l’origine di tutto: DIO.

Questo va di pari passo non sempre con l’innocenza della vita; persone intelligenti e non credenti, sbandierano la loro ‘non fede’ e nuociono di certo a tante persone, rendendo più difficile alle persone comuni di accedere in Dio o di ricordarsi di Dio.

Non dobbiamo dimenticare mai, tanto per stare alle parole di Paolo, e questo lo dicevo abbastanza spesso quando ero vescovo di Prato, soprattutto nelle cresime, che il male più grande al mondo non l’hanno fatto le persone ignoranti, ma le persone istruite, quelle intelligenti, colte.

Non sempre per carità, e mi piace ribadirlo, non che dobbiamo essere anti intellettuali, tutt’altro; la fede ha bisogno di essere sempre più capita e quindi ha bisogno di intelligenza.

Ci sono nella storia della Chiesa campioni grandissimi, menti acute, geni intellettuali che hanno coniugato la fede e la ragione.
Non facciamo l’elogio dell’ignoranza, facciamo magari l’elogio di quella ignoranza di tante persone che va di pari passo con la conoscenza essenziale.

Quale? Quella di DIO.

Che persone umane siamo, seppur vivendo nel mondo, occupandoci di tante cose, scrutandone tante altre, scoprendo tante verità e creando tante bellezze, non riusciamo a riconoscere Colui che è l’origine di tutto questo tesoro immenso che è nel mondo!? DIO.
Ricordiamocelo sempre.

Noi in questo momento, attraverso la memoria del Santo vescovo e martire, rinnoviamo il nostro atto di fede in Gesù.

Si, Signore Gesù, noi qui riuniti professiamo la fede in Te e ti riconosciamo Dio con noi, fratello nostro e nostro Signore, guida della nostra esistenza e dell’esistenza del mondo.

Il nostro sforzo di cristiani, credenti in te, è quello che, oltre vivere noi l’adesione a e con te, è di cercare di convincere gli altri a orientarsi verso di te.

Non ci possiamo rassegnare all’incredulità di questo mondo!

Una incredulità che avanza fra miti e prepotenti, bisogna riconoscerlo questo.
Incredulità che significa solo autosufficienza nei confronti di Dio.

Quando non si riconosce Dio, non si può che idolatrare noi stessi, tutte le nostre idee e capricci, le nostre voglie, anche le cose buone che facciamo, ma separandole da altrettante cose buone.

Chi rende saggia la nostra vita? Chi la rende guidata bene, chi la educa bene?

E’ il riconoscimento di Dio che ha parlato e parla oggi attraverso Lui, Gesù, il pastore, la guida, il maestro, nei confronti del quale, lo confessiamo che è per grazia di Dio, nei confronti delle nostre miserie, teniamo in noi un tenerissimo amore, aiutati dalla madre di Lui, Maria Santissima, la grande creatura vicina a Lui, che c’è sempre data per darci a Lui e per facilitarci l’accesso a Lui.

Gesù, guida della nostra vita e nostro Salvatore.

Come la preghiera del brano nelle ultime pagine del profeta Isaia, molto belle, che Gesù richiamerà nella Sinagoga di Nazareth, quando parlerà del suo progetto di missione.
Gli viene dato un rotolo e viene chiesto a Lui di leggerlo e Gesù poi lo spiega, brevissimamente, diceva che ‘il Signore mi ha consacrato con l’unzione, cioè sono il Messia’.

Isaia parla del futuro Messia, l’uomo di Dio, pieno di Spirito Santo e abilitato a portare al mondo la buona notizia dell’amore di Dio e realizzare questo amore liberandoci dal peccato, dalla dittatura del demonio, e nell’elevazione sempre più di una vita santa.

“Il Signore mi ha consacrato con l’unzione, mi ha mandato a dare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati”… non ci siamo anche noi in queste categorie di persone?

Siamo miseri, non perché siamo poveri o viviamo dei momenti di particolare disgrazia e dolore, ma perché abbiamo la consapevolezza della nostra limitatezza; è facile cadere nella nostra miseria e avere le piaghe nel cuore spezzato.

Quante persone vengono qui con qualche piaga dentro nel cuore spezzato, spezzato da disturbi vari, da influssi deleteri, in cui c’è la parte della miseria della struttura umana, del nostro corpo, della nostra psiche, ma soprattutto l’influsso dello spirito del male, che vuole il nostro male.

Quante persone ci sono nel mondo che avrebbero bisogno di questo contatto con il Redentore, che sana, che fascia le piaghe dei cuori spezzati?

Il mondo non è soltanto un panorama di gente spensierata che vive più o meno bene, incosciente nelle strade di questo mondo (i fatti di cronaca dimostrano questo), ma anche un panorama di gente dal cuore spezzato…e non si conoscono tutti.

Quando noi crediamo in Gesù e siamo la sua Chiesa, vogliamo offrire tutta l’umanità che è in pena, che ha il cuore spezzato, che è in miseria, che è schiava.

Non come l’antica schiavitù, che poi anche loro sono stati liberati dalla presenza cristiana; ovunque è passato il cristianesimo, la schiavitù è diminuita, anche i regimi che erano a capo dei cristiani e dove non si è verificata questa liberazione, vuol dire che la fede in questi cristiani non era autentica.

Quanta schiavitù c’è nel mondo; dai vizi, dalle cattive abitudini, dagli influssi negativi degli altri, dallo spirito del demonio, dalle chiacchiere de mondo, dalle opinioni prevalenti che ti si impongono talmente, da cambiare la tua testa, sia sul piano delle mode varie, sia su quello della vita politica… quanto è facile essere ingannati!
Quanto è facile essere ingannati da chi parla in un certo modo.

Quanto è facile diventare schiavi delle opinioni altrui e delle propagande di vario genere.

Noi abbiamo un criterio per liberarcene; confrontare quello che dicono, con quello che dice ed è Gesù: l’approva Gesù quel modo di fare e/o di dire?
L’approva Gesù quelle decisioni, il disprezzo dei poveri, l’umiliazione delle persone che stanno male?
La può approvare Gesù l’uccisione delle persone, la violenza delle guerre? NO.

Abbiamo questo criterio noi per essere liberati dalle schiavitù di questo mondo, credere in Lui, il liberatore della nostra mentalità, della nostra vita, del nostro cuore, della nostra esistenza; per predicare ancora una volta la scarcerazione dei prigionieri, sono motivi che ancora oggi ricorrono, la sostanza è la stessa; per promulgare l’anno di grazia del Signore, cioè l’anno Santo.

Ma non solo quello degli Ebrei ogni 50 anni o quello di noi cristiani ogni 25; l’anno Santo permanente è LUI, è Gesù.

E allora il problema è credervi, frequentarlo, avere intimità con Lui, leggere la sua parola e meditarla, ascoltarlo, adorarlo e riceverlo nell’Eucarestia, seguire le sue orme, farci guidare dalla sua carità, dalla sua purezza… Questo conta! Gesù è il liberatore e pastore della nostra vita.

I santi lo hanno capito. Quando ad Arezzo, Donato ebbe successo e convertì tante persone, sparirono tante schiavitù e dipendenze, sparirono tanti peccati, crebbe la società più serena.

Poi evidentemente c’è la rivolta del male che non sopporta che Gesù vada avanti senza essere disturbato, il demonio gli da sempre noia.
Ma Gesù è il più grande di tutti.

“Dare a Sion una corona al posto della cenere, per consolare tutti gli afflitti; dare oro di letizia invece che l’abito di lutto”.

Bellissime parole che sono fatte proprie da Gesù nella Sinagoga di Nazareth e che ogni pastore della Chiesa, ogni guida e santo, riproduce, rivive e fa rivivere a sua volta.

Allora permettere che vi esorti a rinnovare fortemente la vostra fede verso Gesù, di giurare ancora una volta fedeltà e di chiedere la grazia di poter essere, tramite della Sua conoscenza, a favore degli altri, dei giovani, nelle vostre parentele e amicizie.

Non si tratta sempre di impancarci predicatori negli angoli delle strade e delle case, talvolta è bene non farlo, ma non latitiamo, non vergogniamoci di credere, di dire prima o poi una parola cristiana, forse alcuni l’aspettano, più di quanto non si pensi.

Sentiamoci coinvolti in questa grande missione, propria delle sante e dei sani, pastori e martiri.

Facciamo conoscere la grandezza, la verità, la bellezza di nostro Signore.

Maria, la madre, ci aiuti in questo.