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Sangue a Scutari

Nota: Questa preghiera di Padre Giuseppe Patti, è stata letta alla Santa Messa delle ore 18 presieduta dal  Cardinale Ernest Simoni testimone della fede in Albania ai tempi della persecuzione del regime di Enver Hoxha, come si legge in altra parte nell’intervista al Cardinale.

Veramente Signore, sei stato qui, con noi,
e ci hai chiesto di assumere nella nostra carne
il peccato dei fratelli.

Siamo stati battuti.
ci hanno messo le uova bollenti sotto le ascelle
e così ci hanno legato
fino alla scottatura delle ossa;

ci hanno lasciati nudi per mesi;
e nudi, legati agli alberi del giardino del convento,
nel nostro inverno.

Per giorni e giorni hanno tenuto immobili le nostre figlie
legate alle ringhiere,
e la notte le hanno tenute impiccate per i polsi.

Hanno scaricato tanti e tanti volts (energia elettrica) tra le nostre orecchie
e tanti di noi sono morti così.

Hanno piantato nei nostri inguini
le punte arroventate dei fucili;

hanno denudato in pubblico i nostri sacerdoti;
hanno chiuso in un sacco una nostra figlia
nuda, assieme ad un gatto inferocito,

e poi hanno picchiato e picchiato,
finchè tutto è diventato un unico grumo di sangue.

Ci hanno tenuti per giorni e giorni
rannicchiati nel gabinetto puzzolente del sottoscala,
nel tormento fisico e nell’imbarazzo morale.

Per dormire ci hanno accatastato
in una striscia di cemento di soli trentanove centimetri;

hanno bagnato continuamente le nostre topaie d’isolamento,
perché non potessimo distenderci;

hanno tagliuzzato la carne delle nostre cosce
e hanno riempito le ferite di sale;

hanno messo le nostre figlie nella stessa cella dei maschi,
e una ragazza nella stessa cella di un frate.

Hanno distrutto Maria,
lasciandola imputridire digiuna
tra cenci sempre appositamente inzuppati:
un amore di ragazza a ventisei anni!

Hanno frantumato i nostri denti a calci e pugni;
hanno pestato le nostre dita
finché le nostre unghie annerite cadessero nel dolore.

Hanno fatto brulicare i parassiti nella nostra carne:
pulci, cimici e pidocchi: quanti!

Poi ci hanno disinfestato gli ambienti
coprendoci d’insetticidi per tre giorni…

Ci hanno appeso per i piedi come animali macellati.

Albania insanguinata!

Abbiamo marcito nei canali che abbiamo costruito da forzati,
e tanti e tanti di noi siamo morti nel fango.

Hanno scavato i nostri volti e i nostri corpi:
non c’è più bellezza né vigore in noi.

Come vermi, e non uomini, abbiamo brulicato
tra i minerali, sotto terra…

Ci hanno costretto ad essere fedrifraghi;
ci hanno costretto a fare la spia ai fratelli;

hanno carpito ai nostri bambini un qualunque segno di Fede
per poterci imprigionare;

sotto tortura ci hanno ingiunto di affermare il falso
e tradire i fratelli…

Ci hanno tolto pure le lacrime per i nostri fratelli che hanno assassinato, pena prigione.

Ci hanno rubato la creatività, l’iniziativa, la cultura;
gli stessi nostri preti sono rimasti vuoti,
stranamente poveri…

I fortunati di noi hanno potuto gridare
“Viva Cristo Re!”
davanti al plotone d’esecuzione
dietro il muro del cimitero cattolico
e ora là c’è il platano che testimonia,

perchè le nostre fosse non le hanno fatte profonde:
i cani sono venuti a grattare sulle nostre salme,
e quindici anni dopo, la calce viva ha bruciato, ha bruciato…

Albania insanguinata…!

La nostra fede, però, no,
non l’hanno potuta toccare!

Ed è rimasta come fiaccola
nell’eclisse della ragione, dell’umanesimo, dei valori,
dove tutto il resto è andato distrutto.

Se avessero potuto, avrebbero sradicato anche le nostre anime!
Ma questo, no, non l’hanno potuto fare.

Noi abbiamo affidato a te, Signore,
cos’è avanzato dei nostri corpi;
e ognuno di noi ora aspetta da Te
di rifiorire di carne gloriosa.

Signore, che non sia l’odio adesso
a vanificare la nostra Fede!
Non permettere che ora siano le nostre anime a morire…

Veramente, Signore, sei stato qui, con noi,
e ci hai chiesto di assumere nella nostra carne
il peccato dei fratelli.

Scutari, il 6 Luglio 1993
Padre Giuseppe Patti S.I.

Dedicata a te, Keti, sbocciata su tanta desolazione, in questa nuova primavera d’Albania.
Nel giorno della tua prima Comunione, il tuo “papà” spirituale.

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